Sumud – Resilienza sulla terra

“Io sono nato qui prima che il ’48 esistesse, mio padre è nato qui, così come mio nonno è nato qui e da qui Io non me ne vado”. C’è un popolo che abita la Palestina da secoli e che da decenni si trova sotto occupazione straniera, un popolo le cui antichissime radici sono radicate su quella terra tanto quanto i suoi ulivi, un popolo che resiste ai tentativi di pulizia etnica e di sfollamento forzato così come le pietre di quella terra hanno resistito alle intemperie del tempo che le ha temprate. I palestinesi non hanno mai smesso di abitare la loro terra, non hanno mai ceduto al ricatto della violenza e della paura. Hanno invece sviluppato un sistema di anticorpi chiamato comunità, collettività, grazie al quale sono stati capaci di arginare i forti impatti del regime di apartheid sotto il quale sono stati confinati dall’occupazione israeliana. In Massafer Yatta questa resistenza ha scelto di usare come strumento di resilienza la nonviolenza, la gente ha scelto di rimanere sulla propria terra nonostante gli abusi che è costretta a subire quotidianamente. Nonostante i costanti attacchi notturni a volto coperto dei coloni, nonostante le giornaliere invasioni e danneggiamenti alle proprietà private, nonostante le demolizioni delle case e dei villaggi, l’avvelenamento dei pozzi, i furti e l’uccisione del bestiame, nonostante le gambizzazioni, gli spari ad altezza uomo con la volontà di uccidere, nonostante gli omicidi e gli arresti arbitrari e le percosse in carcere e la costante umiliazione nel non poter reagire a tutto questa tremenda e vergognosa impunità sorretta dal regime di occupazione militare, nonostante tutto questo “Io sono nato qui prima che il ’48 esistesse, mio padre è nato qui, così come mio nonno è nato qui e da qui Io non me ne vado”. Durante la pandemia del Covid-19, in assenza di occhi internazionali che monitorassero l’area, l’espansione delle colonie e degli avamposti è cresciuta esponenzialmente. Dal 7 Ottobre 2023, usando la leva della necessità di difesa dal nemico interno, la violenza dei coloni e dell’esercito occupante è strabordata senza controllo. Ci troviamo quindi oggi nel momento più duro per la resistenza palestinese, un momento dove la resistenza non demorde ma ha bisogno del sostegno di tuttə, perché, come ripete sempre uno dei leader comunitari, “nella resistenza ognuno deve sacrificare qualcosa”.

Sumud – Resilienza sulla terra

Raccolta fondi di Luis Ceccarelli

“Io sono nato qui prima che il ’48 esistesse, mio padre è nato
qui, così come mio nonno è nato qui e da qui Io non me ne vado”.


C’è un popolo che abita la Palestina da secoli e che da decenni si
trova sotto occupazione straniera, un popolo le cui antichissime
radici sono radicate su quella terra tanto quanto i suoi ulivi, un
popolo che resiste ai tentativi di pulizia etnica e di sfollamento
forzato così come le pietre di quella terra hanno resistito alle
intemperie del tempo che le ha temprate.


I palestinesi non hanno mai smesso di abitare la loro terra, non
hanno mai ceduto al ricatto della violenza e della paura. Hanno
invece sviluppato un sistema di anticorpi chiamato comunità,
collettività
, grazie al quale sono stati capaci di arginare i forti
impatti del regime di apartheid sotto il quale sono stati confinati
dall’occupazione israeliana.


In Massafer Yatta questa resistenza ha scelto di usare come strumento
di resilienza la nonviolenza
, la gente ha scelto di rimanere sulla
propria terra nonostante gli abusi che è costretta a subire
quotidianamente. Nonostante i costanti attacchi notturni a volto
coperto dei coloni, nonostante le giornaliere invasioni e
danneggiamenti alle proprietà private, nonostante le demolizioni
delle case e dei villaggi, l’avvelenamento dei pozzi, i furti e
l’uccisione del bestiame, nonostante le gambizzazioni, gli spari ad
altezza uomo con la volontà di uccidere, nonostante gli omicidi e
gli arresti arbitrari e le percosse in carcere e la costante
umiliazione nel non poter reagire a tutto questa tremenda e
vergognosa impunità sorretta dal regime di occupazione militare,
nonostante tutto questo “Io sono nato qui prima che il ’48
esistesse, mio padre è nato qui, così come mio nonno è nato qui e
da qui Io non me ne vado”.


Durante la pandemia del Covid-19, in assenza di occhi internazionali
che monitorassero l’area, l’espansione delle colonie e degli
avamposti è cresciuta esponenzialmente. Dal 7 Ottobre 2023, usando
la leva della necessità di difesa dal nemico interno, la violenza
dei coloni e dell’esercito occupante è strabordata senza
controllo
.


Ci troviamo quindi oggi nel momento più duro per la resistenza
palestinese, un momento dove la resistenza non demorde ma ha bisogno
del sostegno di tuttə
, perché, come ripete sempre uno dei leader
comunitari, “nella resistenza ognuno deve sacrificare qualcosa”.

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Dal 2002 i volontari e le volontarie di Operazione Colomba sono presenti in Palestina, prima nella Striscia di Gaza, ad Al Qarara (Khan Younis), poi dal 2004 in Cisgiordania, nel villaggio di At-Tuwani (colline a sud di Hebron). Oggi più che mai, quindi, la presenza dei volontari di Operazione Colomba è essenziale: per tutelare l’incolumità degli abitanti palestinesi della zona, che vogliono solo vivere sulla propria terra.

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