La responsabilità dell’essere casa: l’accoglienza non può permettersi di “fare acqua”

Poco prima di pranzo, i raggi del sole entrano nel Comedor dando vita a ombre varie su tutte le pareti della stanza, si sparpagliano per lo spazio ampio riflettendo le sagome di chi vi si muove all’interno. Jorge porta lentamente in tavola le caraffe piene di succo, Pato mi parla di musica mentre tagliamo chili di cipolla, Marta e Alma ridono assieme nella loro autentica allegria, Max e Placido mescolano la zuppona e si prendono in giro per poi riabbracciarsi. Siamo in pochi, per ora, perché chi viene qui a mangiare rimane a riposare nel cortile, appena fuori dalla mensa, mentre dentro ci si prepara con cura per il servizio. Poi a mezzogiorno si apre la grande porta d’entrata e la mensa all'improvviso esplode di corpi e di pance affamate. Entra la gente e ci si ritrova tutti avvolti di vite, di odori, di zaini, di fuentes (contenitori per il cibo), di mani, di bocche, di sguardi. Le mattine scorrono così frenetiche al Comedor (mensa) “Nonno Oreste" della Comunità Papa Giovanni XXIII, che nemmeno ci penso, certe volte, al senso di queste quotidiane azioni colorate. Ma oggi, tra una chiacchierata e le ultime cipolle da tagliare, mi sono seduta in disparte e ho provato ad osservare: al Comedor offriamo un pasto caldo alle persone più vulnerabili della zona di Peñalolén, qui a Santiago del Cile, dove sto svolgendo quest’anno il mio servizio civile. Il pasto è, però, anche occasione di relazione e condivisione per la gente che decide di stare qui con noi, cosicché una semplice mensa diventa anche una calda casa a cui qualcuno torna spesso sentendosi protetto e in pace. Ecco il motivo per cui questa raccolta fondi è preziosa ai nostri occhi. Nella stagione invernale Santiago è soggetta a piogge abbondanti a cui il tetto del Comedor non è preparato. Quando piove, infatti, la struttura tende ad allagarsi e diventa impossibile viverci dentro in modo dignitoso e accogliente. C’è una responsabilità nell’essere casa e l’accoglienza non può permettersi di “fare acqua”. Se non si agisse subito (o "al tiro", come dicono i cileni), prima dell'arrivo del freddo, la mancata ristrutturazione del tetto e dell'impianto elettrico (la cui spesa necessaria è di 4000€) potrebbe portare alla chiusura della struttura stessa. Ogni piccolo contributo è dunque un tassello in più affinché il Comedor possa continuare ad essere rifugio caldo e abitato da bocche affamate, mani impegnate, azioni costanti, vive ombre piene di sostanza che si riflettono ogni giorno poco prima di pranzo su tutte le pareti della casa. Grazie di cuore per ciò che donerai.

La responsabilità dell’essere casa: l’accoglienza non può permettersi di “fare acqua”

Raccolta fondi di Bianca Dal Bo


Poco prima di pranzo, i raggi del sole entrano nel Comedor dando vita a ombre varie su tutte le pareti della stanza, si sparpagliano per lo spazio ampio riflettendo le sagome di chi vi si muove all’interno. Jorge porta lentamente in tavola le caraffe piene di succo, Pato mi parla di musica mentre tagliamo chili di cipolla, Marta e Alma ridono assieme nella loro autentica allegria, Max e Placido mescolano la zuppona e si prendono in giro per poi riabbracciarsi. Siamo in pochi, per ora, perché chi viene qui a mangiare rimane a riposare nel cortile, appena fuori dalla mensa, mentre dentro ci si prepara con cura per il servizio. Poi a mezzogiorno si apre la grande porta d’entrata e la mensa all'improvviso esplode di corpi e di pance affamate. Entra la gente e ci si ritrova tutti avvolti di vite, di odori, di zaini, di fuentes (contenitori per il cibo), di mani, di bocche, di sguardi.


Le mattine scorrono così frenetiche al Comedor (mensa) “Nonno Oreste" della Comunità Papa Giovanni XXIII, che nemmeno ci penso, certe volte, al senso di queste quotidiane azioni colorate. Ma oggi, tra una chiacchierata e le ultime cipolle da tagliare, mi sono seduta in disparte e ho provato ad osservare: al Comedor offriamo un pasto caldo alle persone più vulnerabili della zona di Peñalolén, qui a Santiago del Cile, dove sto svolgendo quest’anno il mio servizio civile. Il pasto è, però, anche occasione di relazione e condivisione per la gente che decide di stare qui con noi, cosicché una semplice mensa diventa anche una calda casa a cui qualcuno torna spesso sentendosi protetto e in pace.


Ecco il motivo per cui questa raccolta fondi è preziosa ai nostri occhi. Nella stagione invernale Santiago è soggetta a piogge abbondanti a cui il tetto del Comedor non è preparato. Quando piove, infatti, la struttura tende ad allagarsi e diventa impossibile viverci dentro in modo dignitoso e accogliente. C’è una responsabilità nell’essere casa e l’accoglienza non può permettersi di “fare acqua”. Se non si agisse subito (o "al tiro", come dicono i cileni), prima dell'arrivo del freddo, la mancata ristrutturazione del tetto e dell'impianto elettrico (la cui spesa necessaria è di 4000€) potrebbe portare alla chiusura della struttura stessa. Ogni piccolo contributo è dunque un tassello in più affinché il Comedor possa continuare ad essere rifugio caldo e abitato da bocche affamate, mani impegnate, azioni costanti, vive ombre piene di sostanza che si riflettono ogni giorno poco prima di pranzo su tutte le pareti della casa.


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La raccolta fondi sostiene il progetto: Un aiuto urgente per la mensa “Nonno Oreste” in Cile
Obiettivo totale del progetto: 6.500 €

La mensa di Peñalolén, in Cile, ha urgente bisogno di effettuare dei lavori di ristrutturazione dal costo di 4.000€. Le forti piogge hanno danneggiato il tetto e la struttura ha frequenti allagamenti. Le donazioni ulteriori saranno utilizzate per coprire i costi di tinteggiatura e di riparazione dei bagni. Aiuta i volontari del Comedor a raggiungere l’obiettivo per permettere loro di continuare a stare al fianco di chi non ha più niente e nessuno.

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